Vaccino Astra Zeneca: soluzioni giuridiche per problemi tecnici
I ritardi sulle consegne delle dosi di vaccino Astra Zeneca stanno sollevando diversi dubbi fra l’opinione pubblica (e tra gli stessi politici) circa la possibilità di rispettare i piani di vaccinazione della popolazione previsti dai Governi.
Per queste ragioni, da più parti si stanno valutando soluzioni alternative e, di recente, in Italia il dibattito sembra essersi spostato sui brevetti che proteggono i vaccini e che, da molti, vengono considerati un ostacolo alla salute pubblica.
In effetti, i brevetti, come gli altri titoli di proprietà intellettuale, non rappresentano altro che diritti di monopolio attribuiti al loro titolare per un periodo temporale ventennale, durante il quale possono essere sfruttati commercialmente.
Come noto, la ragion d’essere di questi “diritti di esclusiva” risiede in un maggior benessere per la collettività: premiando gli inventori per un periodo di tempo limitato, si ottiene da parte loro la diffusione della conoscenza, che altrimenti verrebbe tenuta nascosta il più possibile.
L’emergenza sanitaria globale impone tuttavia una riflessione e cioè se i diritti di esclusiva sul brevetto possano essere bypassati dalla necessità di ottenere i vaccini protetti da privativa in tempi rapidissimi.
In altri termini, bisogna domandarsi se in questa situazione di assoluta necessità – dove ad essere in pericolo è la salute dei cittadini – sia ragionevole persistere nel curare esclusivamente gli interessi del titolare del brevetto piuttosto che quelli della collettività.
Si prenda ad esempio il caso del noto vaccino Astra Zeneca, di cui la società titolare non è riuscita ad assicurare la produzione nei tempi e nelle quantità inizialmente previste.
Per tali ragioni, in Italia si è ipotizzato di concedere in via straordinaria ad aziende attrezzate allo scopo il diritto di produrre tale vaccino pur non essendo titolari dei brevetti, a fronte ovviamente di un corrispettivo economico a titolo di royalty.
Tale soluzione consentirebbe di ovviare ai possibili inadempimenti delle società farmaceutiche che in ogni caso riceverebbero compensi economici per le ricerche e l’attività inventiva svolta.
Più in generale, le proposte avanzate e discusse sono state le seguenti:
- imporre alle grandi multinazionali titolari dei brevetti di concedere “licenze obbligatorie” alle società in grado di produrre i vaccini con qualità analoga;
- sospendere l’efficacia del brevetto, di modo che chiunque possa servirsi delle conoscenze da esso protette per produrre vaccini fino al perdurare dell’emergenza sanitaria;
- espropriare i titolari dei brevetti sui vaccini rendendoli proprietà dello Stato, dietro equo indennizzo.
Tali proposte sono supportate da diverse basi giuridiche, in primo luogo il trattato internazionale conosciuto come “Accordo Trips”[1], che prevede la facoltà per gli Stati aderenti di imporre licenze obbligatorie per la fabbricazione e l’esportazione di medicinali nei Paesi che non dispongono di sufficienti capacità di produzione in proprio.
La difficoltà di utilizzare questo strumento risiede nel fatto che è stato pensato per fornire supporto a Paesi in via di sviluppo, senza le risorse interne per l’acquisto di costosi farmaci esteri (famoso il caso del farmaco contro l’HIV in Africa).
Più difficile sembrerebbe essere la sua applicazione per Paesi come l’Italia, che sta sviluppando un vaccino in proprio e che ha le risorse per acquistare i vaccini prodotti all’estero.
Sul punto vale anche la pena di menzionare l’art. 141 del codice della proprietà industriale italiano[2], che prevede la facoltà dello Stato italiano di espropriare o comunque utilizzare brevetti o domande di brevetto per ragioni di pubblica utilità. Con il termine “pubblica utilità” sembra infatti potersi ricomprendere la crisi pandemica in corso.
Se l’ipotesi di una espropriazione del brevetto appare tuttavia sproporzionata o comunque un’eccessiva compressione dei diritti del titolare del brevetto, l’ipotesi di licenze obbligatorie concesse in favore di aziende terze ci pare una strada ragionevole e percorribile per sopperire alle diverse vicissitudini descritte sopra.
Va però tenuto in considerazione anche l’aspetto pratico – e quindi tecnico – della produzione dei vaccini contro il Covid 19. Esistono infatti diverse modalità e processi di produzione del vaccino, cui corrisponde una diversa efficacia (ad esempio, tra i vaccini già approvati dalle autorità competenti, Pfizer e Moderna garantiscono un’efficacia del 94-95 %, mentre Astra Zeneca garantisce l’82,4 %)[3], così come una diversa attitudine a fornire copertura anche dalle varianti del virus.
Allo stesso tempo, i vaccini non sono oggetto di un singolo brevetto, ma di diversi brevetti connessi tra di loro che spesso appartengono a soggetti diversi. Ne deriva che le aziende terze dovrebbero ottenere licenze obbligatorie da una vasta platea di titolari, con conseguenti maggiori difficoltà organizzative.
Inoltre, è chiaro che alla base dei brevetti in questione vi è un complesso know how riservato, che dovrebbe essere trasferito e divulgato in tempi brevi dai titolari in favore delle aziende licenziatarie affinché il vaccino possa essere prodotto; tutto questo comporterebbe comunque un allungamento delle tempistiche di produzione, nonché ulteriori difficoltà organizzative.
Alla luce di quanto sopra, le strada suggerita e discussa della licenza obbligatoria appare senz’altro percorribile per risolvere la scarsità e i relativi ritardi nella consegna dei vaccini ma, a parere di scrive, c’è bisogno di una condotta collaborativa tra le società titolari e i licenziatari, piuttosto che un aperto conflitto tra le stesse, il tutto allo scopo di salvaguardare la prioritaria salute pubblica.
Peraltro, l’ipotesi discussa sarebbe immediatamente operativa senza la necessità di un intervento legislativo ex novo, che spesso richiede la convergenza delle forze politiche (frequentemente non facile da attuare). Tale circostanza è certamente un incentivo da sfruttare per raggiungere un risultato desiderabile per l’intera collettività in tempi rapidi.
[1] Art. 31 e 31bis del citato Accordo, nella sua formulazione aggiornata al Protocollo del 6 dicembre 2005, entrato in vigore il 23 gennaio 2017.
[2] D.lgs. n. 30 del 2005 e successive modifiche.
[3] https://www.aifa.gov.it/web/guest/domande-e-risposte-su-vaccini-mrna; https://www.aifa.gov.it/domande-e-risposte-su-vaccini-vettore-virale.