Come noto, negli ultimi anni l’uso dell’intelligenza artificiale (AI) nella creazione di contenuti ha segnato una svolta epocale, tanto è vero che essa è in grado adesso di generare e realizzare opere di diverso genere, tra cui composizioni musicali, testi letterari, opere d’arte visiva e progetti di design.

Ad esempio, grazie all’uso dell’intelligenza artificiale nel settore musicale, partendo da basi musicali generate da algoritmi e rifinite da musicisti, è stato possibile comporre brani di vari generi, dalla musica classica al pop moderno. Tali piattaforme di AI possono essere utilizzate gratuitamente da chiunque voglia generare nuove composizioni musicali; è sufficiente, infatti, scaricare l’apposito programma da un qualsiasi motore di ricerca e descrivere brevemente il contenuto che si vuole ascoltare perché venga riprodotto il testo musicale desiderato.

Non solo. L’AI risulta particolarmente utilizzata anche nel campo dell’arte visiva ed infatti ha consentito di ricreare opere d’arte esposte e vendute in aste come pezzi unici, tra cui vale la pena di menzionare alcune collezioni realizzate con l’ausilio dell’AI esposte nel noto museo MoMA (Museum of Modern Art) di New York.

Ed anche nel campo della letteratura, l’intelligenza artificiale viene utilizzata per creare poesie, racconti ed interi romanzi semplicemente chiedendo alla “macchina” di analizzare e studiare raccolte letterarie esistenti.

Tali sistemi di intelligenza artificiale sono meglio conosciuti come “Intelligenza artificiale Generativa”, in quanto i contenuti vengono creati e generati utilizzando algoritmi complessi e modelli di apprendimento automatico. Si tratta di sistemi progettati per apprendere da grandi quantità di dati già esistenti grazie ai quali sono in grado poi di generare nuovi contenuti.

Inutile dire che tale straordinaria abilità dell’AI stupisce ma preoccupa non poco in quanto mette in discussione la concezione tradizionale di autore e pone una serie di interrogativi sulla titolarità dei diritti su tali creazioni e opere.

Una delle principali difficoltà legate a questo processo di creazione di contenuti, è infatti stabilire se l’opera generata dall’AI generativa possa essere considerata “originale” secondo la tradizionale nozione di diritto d’autore e se il processo di creazione dell’IA rappresenti una “rielaborazione / trasformazione”, legittima o meno, dell’opera originale.

Dal momento che l’algoritmo utilizza materiale di terzi, protetto dal diritto d’autore, si potrebbe argomentare che l’AI generativa sia in grado di generare un’opera derivata che, come noto, è una nuova creazione che incorpora o modifica un’opera preesistente già protetta dalla legge. In questo contesto, se un algoritmo di AI generativa viene addestrato, ad esempio, con brani musicali protetti dal diritto d’autore, è lecito domandarsi se il risultato ottenuto violi i diritti d’autore delle opere originali, nella misura in cui ne costituisce una rielaborazione non autorizzata.

Qualora sempre per ipotesi si intendesse classificare l’opera realizzata dall’AI generativa quale opera autonoma e originale, bisognerebbe a quel punto domandarsi a quale soggetto spetterebbero i relativi diritti di proprietà intellettuale su tale creazione.

Le attuali norme sul diritto d’autore non sono tuttavia in grado di fornire alcuna indicazione in merito a tali quesiti, considerato che sono state pensate in un periodo in cui era difficilmente ipotizzabile che un qualsivoglia contenuto potesse essere creato da un soggetto diverso da un essere umano.

Di conseguenza, individuare nel sistema di intelligenza artificiale l’autore dell’opera, e dunque il detentore dei relativi diritti d’autore, solleverebbe una serie di questioni giuridiche complesse, tra cui certamente quella relativa alla capacità giuridica che, come noto, è la capacità di un soggetto di essere titolare di situazioni giuridiche soggettive e quindi di diritti e doveri. Tale requisito viene inevitabilmente a mancare quando si discute di sistemi di intelligenza artificiale.

Per le ragioni sopra esposte, ci si è quindi domandato se la paternità dell’opera dovesse essere riconosciuta allo sviluppatore del sistema di intelligenza artificiale generativa.

Tale affermazione pone tuttavia un’ulteriore problematica e cioè non necessariamente la creatività e l’originalità dell’opera è da attribuirsi all’intervento dello sviluppatore, piuttosto che al sistema stesso di intelligenza artificiale, o comunque risulta particolarmente difficile individuare l’apporto creativo di uno o dell’altro.

Lo stesso vale anche per il proprietario dei dati utilizzati nella fase di training / apprendimento del sistema artificiale; difatti, anche volendo identificare tale soggetto come titolare dei diritti d’autore, il dataset da lui messo a disposizione, in assenza di un modello di apprendimento, non sarebbe comunque in grado di generare l’opera e quindi nuovamente si rischierebbe di attribuire e riconoscere dei diritti che non spettano in via esclusiva ad un essere umano.

La giurisprudenza ha tentato di fornire una risposta in merito a tali numerosi interrogativi. Ed infatti, una prima decisione dell’Ufficio Copyright, negli Stati Uniti d’America, ha negato qualsiasi riconoscimento legato al diritto d’autore alle opere create interamente da un sistema di AI generativa affermando con chiarezza che, affinché un’opera possa essere protetta da copyright, deve esserci un autore umano coinvolto nella sua creazione.

Questo orientamento è stato poi confermato anche da sentenze più recenti delle Corti statunitensi e, segnatamente, nel 2023 da un tribunale federale di Washington D.C.

Anche in Europa, si è arrivati ad un’analoga conclusione ed infatti la Corte di cassazione si è recentemente espressa in merito con sentenza n. 16346 del 2023 in relazione alla definizione dell’autorialità per opere create tramite sistemi di AI e il grado di integrazione della creatività dell’artista nell’uso del software. Ad opinione dei Giudici della Corte, è necessario valutare caso per caso se, durante il processo generativo dell’opera, il software in utilizzo si sia integrato con la creatività dell’utente umano.

Di fondamentale importanza diventa quindi la distinzione tra semplice generazione automatica di contenuti da parte dei sistemi di AI generativa e l’opera che è espressione della creatività dell’artista attraverso mezzi digitali di intelligenza artificiale. Solo in questo secondo caso, dimostrando quindi che vi è stato un significativo apporto creativo umano, possono essere individuate forme di tutela proteggibili ai sensi della legge sul diritto d’autore.

In tale contesto, è indubbia la necessità di un intervento del legislatore che ridefinisca i concetti chiave e predisponga nuove regolamentazioni del diritto d’autore per il fenomeno AI, destinato a crescere in maniera esponenziale.

Una soluzione che merita attenzione potrebbe essere la predisposizione di nuove forme di licenze e diritti d’autore che meglio si adeguino alla realtà odierna e che rappresentino un punto di incontro tra innovazioni tecnologiche e la protezione del diritto d’autore. Ad esempio, si potrebbe pensare di introdurre specifiche licenze per le opere generate da AI o elaborare forme di tutela in cui venga riconosciuta chiaramente la collaborazione tra ingegno umano e ausilio dell’AI.

È auspicabile, infine, una maggiore cooperazione a livello europeo e internazionale, considerando la dimensione globale dell’innovazione tecnologica e della distribuzione delle opere creative. Difatti, le tecnologie digitali, come internet e le piattaforme di distribuzione dei contenuti, sono per loro natura globali, e quindi richiedono una risposta coordinata da parte delle autorità di vari Paesi.

Sarà perciò fondamentale collaborare per stabilire standard e normative che funzionino a livello mondiale, assicurando al contempo il rispetto dei diritti d’autore delle varie giurisdizioni.