I Giudici milanesi con sentenza non definitiva hanno accolto la tesi prospettata da Insight Studio Legale secondo cui il contratto preliminare di acquisizione di quote societarie può continuare a produrre effetti vincolanti fra le parti in presenza di circostanze idonee ad assicurare l’autonomia del preliminare medesimo rispetto al successivo accordo definitivo.

La vicenda in questione riguardava l’acquisizione da parte di una società coreana di partecipazioni sociali di una società rumena titolare di un impianto fotovoltaico sito in Romania.

Nell’ambito di tale acquisizione le parti stipulavano dapprima un contratto “preliminare” disciplinato dalla legge italiana e che prevedeva la competenza del Tribunale di Milano per qualsivoglia controversia ad esso connesso. Successivamente veniva firmato il contratto definitivo di acquisizione che veniva invece disciplinato dalla legge rumena e che prevedeva l’arbitrato con sede a Milano per la definizione di possibili controversie.

In seguito al perfezionamento del contratto definitivo, l’acquirente coreano scopriva che le garanzie rilasciate in relazione alla società rumena acquisita e al campo fotovoltaico in seno a quest’ultima erano state totalmente disattese dagli allora venditori.

Per tale ragione, l’acquirente coreana e la società rumena acquisita proponevano un’azione civile per risarcimento dei danni dinnanzi al Tribunale di Milano azionando il preliminare e lamentando quindi la violazione di una serie di garanzie ivi contenute ad opera degli allora venditori.

Quest’ultimi si costituivano in giudizio ed eccepivano, tra le altre cose, il difetto di giurisdizione del Giudice Italiano in favore di quello Rumeno, nonché l’incompetenza del Tribunale di Milano affermando che il definitivo dovesse superare gli effetti del preliminare e che quindi fosse l’unico accordo capace di vincolare e produrre effetti nei confronti delle parti, compresa la parte sulla legge applicabile rumena.

In buona sostanza veniva sostenuto da parte dei convenuti l’impossibilità per le disposizioni del preliminare di poter spiegare alcuna efficacia in presenza del definitivo, e quindi neppure nella parte relativa alla legge applicabile e competenza che, come detto, per il preliminare era stata attribuita al Giudice Italiano.

La tesi attorea sostenuta dallo Studio era viceversa che il preliminare dovesse necessariamente continuare a spiegare i propri effetti poiché contenente alcune garanzie non riportate nel testo definitivo che venivano peraltro rilasciate anche da soggetti non firmatari del definitivo stesso.

Si affermava in particolare che solo il preliminare (e non il definitivo) conteneva alcune garanzie a tutela della parte acquirente qualora – dopo la vendita delle quote societarie – emergessero circostanze non conosciute o conosciute da parte degli acquirenti. Ed evidentemente la verifica circa l’esatto adempimento di tali garanzie doveva per forza di cose avvenire in un momento successivo alla firma del definitivo, circostanza che imponeva una necessaria ultrattività delle medesime rispetto al definitivo stesso.

Veniva inoltre evidenziato che tali garanzie erano state assunte dai soci delle allora venditrici i quali non avevano firmato il contratto definitivo di vendita delle quote; proprio tale ulteriore circostanza imprimeva un’ulteriore differenza, questa volta sotto il profilo soggettivo, tra il contenuto del preliminare e quello del definitivo.

Ad opinione dello Studio, il preliminare già prevedeva quindi la sua sopravvivenza rispetto al contratto definitivo anche in considerazione del fatto che i soggetti dell’uno e dell’altro (preliminare e definitivo) non coincidevano perfettamente e che le obbligazioni assunte dai venditori e garanti (poi disattese) non venivano richiamate nel definitivo. Ed infatti opinare diversamente – vale a dire per il superamento del preliminare da parte del definitivo – avrebbe comportato la sparizione di una serie di garanzie presenti solo nel preliminare, nonché un’ingiustificata e automatica liberazione dei garanti dalle proprie obbligazioni per il solo fatto di aver sottoscritto il definitivo.

I Giudici Milanesi accoglievano la tesi dello Studio rigettando tutte le eccezioni pregiudiziali proposte dai convenuti ed affermando che “la scrittura privata datata 2 aprile 2015 [cioè il contratto preliminare] è l’unico accordo intervenuto fra tutte le parti del presente giudizio… Dunque, anche dopo il perfezionamento del contratto definitivo, il contratto preliminare rimane l’unico accordo che vincola tutte le parti in causa, il cui contenuto non può considerarsi superato dal contratto definitivo… Deve concludersi che in relazione alle domande poste, che si fondano sugli obblighi assunti dai convenuti con la sottoscrizione del contratto preliminare di cessione di quote sociali … sussiste la competenza del Tribunale di Milano in forza della espressa previsione dell’art. 5.3 del suddetto contratto, che continua a mantenere la sua piena efficacia fra tutte le parti in causa”.

La decisione del Tribunale è degna di nota poiché si pone in contrasto con un orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui il contratto definitivo di regola supera le disposizioni contenute nell’accordo preliminare che, di conseguenza, non vincola più le parti a far data dalla sottoscrizione del definitivo.

Il caso qui illustrato rappresenta dunque lo sviluppo di un filone minoritario che riconosce protezione anche a quelle clausole predisposte e redatte in maniera tale da sopravvivere e continuare a spiegare i propri effetti nonostante l’intervenuta sottoscrizione di un successivo accordo definitivo.