1. Introduzione

In Italia sino all’anno 2018 si parlava di “informazioni riservate” per identificare quella serie di nozioni e informazioni custodite segretamente dall’azienda proprietaria in virtù del loro intrinseco valore economico. Successivamente è intervenuto il Decreto Legislativo 11 maggio 2018, n. 63 che, tra le altre cose, ha modificato l’art. 98 del Codice di proprietà industriale (di seguito “c.p.i.”) sostituendo tale espressione con quella già citata di “segreto commerciale” attualmente in vigore.

La riforma del c.p.i. è stata necessaria per effetto del recepimento nel nostro Paese della Direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2016 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’illecita acquisizione, utilizzo e divulgazione degli stessi.

Il tema dei segreti commerciali è altamente rilevante per numerosissime realtà imprenditoriali che in alcuni casi fondano interamente il proprio successo commerciale su tali asset intellettuali. Si pensi ad esempio alla Coca Cola, un prodotto che ha riscosso un grande successo anche grazie alla strategia messa in atto dalla proprietaria della relativa ricetta – la società statunitense The Coca Cola Company – che ha scelto di mantenere segreta la formula di tale bevanda creata dal farmacista John Pemberton nel lontano 1886 (fatti salvi ovviamente gli innumerevoli tentativi di reverse engineering susseguitisi negli ultimi 134 anni). La ricetta della Coca Cola è certamente qualificabile come “segreto commerciale” e viene spesso citata dagli esperti del settore quale esempio virtuoso di know how aziendale.

In tal senso la direttiva europea assume fondamentale importanza nel panorama europeo dei diritti di proprietà industriale poiché mira ad armonizzare le disparate leggi sui segreti commerciali vigenti nei vari Stati Membri dell’Unione Europea.

Contemporaneamente è entrata in vigore negli Stati Uniti d’America il Defend Trade Secrets Act, firmato dall’allora Presidente Barack Obama in data 11 maggio 2016. L’atto legislativo americano si propone in particolare di rafforzare la tutela dei segreti commerciali sul piano federale, posto che la maggior parte dei singoli stati federati americani già aveva recepito le norme contenute nel Uniform Trade Secrets Act del 1979 (i.e. un modello di atto legislativo che ha sostanzialmente codificato i principi della common law statunitense in materia di segreti commerciali).

Fra la citata direttiva europea e l’impianto normativo statunitense vi sono una serie di analogie – sinteticamente descritte qui di seguito – che consentono di affermare che vi è stato un sostanziale allineamento fra Europa e Stati Uniti sul tema dei segreti commerciali.

 

  1. Similitudini e analogie fra i due sistemi normativi

Consideriamo in primo luogo la definizione di “segreto commerciale” secondo la direttiva europea e la legge statunitense:

 

Articolo 2 della direttiva (UE) 2016/943

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) “segreto commerciale”, informazioni che soddisfano tutti i seguenti requisiti:

a) sono segrete nel senso che non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione;

b) hanno valore commerciale in quanto segrete;

c) sono state sottoposte a misure ragionevoli, secondo le circostanze, da parte della persone al cui legittimo controllo sono soggette, a mantenerle segrete”.

 

 

Defend Trade Secrets Act

(18 U.S. Code § 1839)

The term “trade secret” means all forms and types of financial, business, scientific, technical, economic, or engineering information … whether tangible or intangible, and whether or how stored, compiled, or memorialized physically, electronically, graphically, photographically, or in writing if:

(A) the owner thereof has taken reasonable measures to keep such information secret; and

(B) the information derives independent economic value, actual or potential, from not being generally known to, and not being readily ascertainable through proper means by, another person who can obtain economic value from the disclosure or use of the information”.

 

Come si può agevolmente apprezzare, entrambe le definizioni sopra riportate individuano i medesimi elementi costitutivi di un segreto commerciale. In particolare, sia la definizione europea sia quella statunitense stabiliscono che un segreto commerciale ha ad oggetto informazioni (ivi compresi dati, documenti, ecc.) che rispettano i seguenti i requisiti:

  • segretezza, atteso che le informazioni in questione non devono essere ordinariamente trattate da soggetti che operano nel settore di riferimento;
  • valore economico, posto che le informazioni devono essere suscettibili di quantificazione economica (vale a dire che l’azienda titolare abbia investito significative risorse economiche in tali informazioni);
  • assoggettamento a misure di protezione, poiché senza tali misure la segretezza delle informazioni verrebbe meno.

Non bisogna tuttavia ignorare talune differenze riscontrabili fra le definizioni poc’anzi citate.

Ad esempio, in relazione al requisito della segretezza (punto 1 di cui sopra), la direttiva europea prevede che le informazioni in questione non siano “note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione”, laddove invece la norma statunitense prevede che le informazioni non siano conosciute ovvero conoscibili “by, another person who can obtain economic value from the disclosure or use of the information”.

Sul punto il Transatlantic Business Council[1] (in un report consultabile cliccando qui) ha concluso affermando che tale differenza è priva di conseguenze sul piano pratico atteso che la figura presa in esame dalle rispettive norme sarebbe sostanzialmente analoga ed infatti: “A person who can obtain economic value from the information’s disclosure or use (US-DTSA) generally also will be a person within the circles that normally deal with the kind of information in question (EU-TSD), and vice versa” (cfr. pag. 5).

Simili considerazioni possono a nostro avviso essere spese anche con riguardo alle ulteriori minime differenze[2] riscontrabili nelle definizioni a raffronto che – malgrado utilizzino a volte termini apparentemente differenti – condividono il medesimo significato di nozione di “segreto commerciale”.

Oltre alle definizioni di cui sopra, tra i due sistemi normativi in questione vi sono ulteriori  punti di convergenza, come ha avuto di evidenziare anche la Camera di Commercio Internazionale in un suo report sul tema (reperibile cliccando qui), ed in particolare a titolo esemplificativo e non esaustivo:

  1. “acquisizione, utilizzo e divulgazione illeciti” di segreti commerciali nel diritto europeo (articolo 4 della citata direttiva) sono categorie giuridiche altresì presenti nel diritto statunitense (18 U.S.C. § 1839, co. 5);
  2. entrambi i sistemi normativi tutelano il reverse engineering e l’independent discovery (cfr. direttiva europea, art. 3, e 18 U.S.C. § 1839, comma 5);
  3. in merito alle attività di cd. “whistleblowing” (i.e. segnalazioni anonime aventi ad oggetto condotte illecite) sia la direttiva europea (art. 5, lett. b)) sia la legge statunitense (18 U.S.C. § 1833, comma 2) chiariscono che non commette un illecito chi rivela un segreto commerciale qualora ciò sia necessario per segnalare alle autorità una condotta scorretta da parte del titolare del segreto commerciale;
  4. entrambi i sistemi normativi configurano in capo al giudice il potere cautelare di inibire l’abusiva diffusione di segreti commerciali (si vedano in particolare gli artt. 10, co. I e 12, co. I della direttiva europea, nonché 18 U.S.C. §1836 (b)(3)(A)(ii) negli Stati Uniti) e di sequestrare beni prodotti in violazione di tali segreti (cfr. art. 10, co. I della direttiva europea, e 18 U.S.C. § 1836 (b)(2)).

Va nondimeno ribadito che sussistono alcune differenze fra il sistema normativo europeo e statunitense in tema di know how; si pensi ad esempio alla natura giuridica del segreto commerciale, trattato come un vero e proprio diritto di proprietà industriale nella legge statunitense ma non in quella europea (come peraltro confermato anche dalla Commissione Europea che continua ad affermare “trade secrets are not a form of exclusive intellectual property right”)[3].

Tuttavia, come detto, tali differenze non sembrano in grado di tracciare un significativo solco fra la disciplina europea e statunitense in tema di protezione dei segreti commerciali.

 

  1. Conclusioni e rilevanza (opportunità?) per l’Italia

Sulla base delle considerazioni svolte sopra è a nostro avviso ragionevole affermare che sussiste un sostanziale allineamento in tema di segreti commerciali fra l’impianto normativo dell’Unione Europea, codificato nella Direttiva (UE) 2016/943, e quello degli Stati Uniti d’America così come risulta dagli atti legislativi (in particolare il Defend Trade Secrets Act del 2016).

Questo allineamento – che rientra in un più ampio progetto di armonizzazione delle norme di proprietà intellettuale – si propone evidentemente di incoraggiare l’investitore straniero (nella specie statunitense) a collaborare con aziende europee, potendo egli operare nella ragionevole certezza di ottenere dal sistema normativo europeo una tutela dei suoi segreti commerciali analoga a quella offerta dal sistema statunitense che già conosce. E viceversa lo stesso dicasi per l’investitore europeo orientato verso il mercato USA.

Tutto questo può rappresentare di certo un’opportunità per l’Italia che è notoriamente una grande potenza europea manifatturiera, nonché un paese culturalmente più di altri orientato alla creatività e sperimentazione (cioè l’essenza della ricerca e dello sviluppo e dove quindi i segreti commerciali hanno una certa rilevanza) sia in campo artistico che scientifico.

Se dunque l’Italia saprà nel tempo valorizzare il proprio patrimonio intellettuale ed il proprio know how, riteniamo che sarà fra i Paesi europei che più di altri potrà beneficiare di questo allineamento fra le leggi europee e statunitensi relative ai segreti commerciali, incrementando sempre più le sue relazioni con partner commerciali d’oltreoceano.

In caso contrario, ci troveremo di fronte all’ennesima opportunità sprecata.

 

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[1] Il Transatlantic Business Council è un’associazione impegnata nella promozione di una maggiore integrazione economica e di un rafforzamento dei legami politici fra Europa e Stati Uniti.

[2] Altre differenze individuabili secondo il Transatlantic Business Council nelle definizioni in questione: a) l’Act statunitense precisa che le informazioni sono segrete in quanto non accessibili “through proper means”, mentre la direttiva europea non include questa formulazione nella sua definizione preferendo invece definire separatamente (all’art. 3 della stessa direttiva) l’acquisizione lecita di un segreto commerciale; b) la direttiva europea tutela i segreti commerciali anche “nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi”, con ciò lasciando intendere che il complesso di informazioni è protetto anche qualora le singole componenti non siano segrete; tale formulazione è assente nella specifica definizione del Defend Trade Secrets Act, tuttavia, la tutela delle combinazioni di informazioni è consolidata nella common law statunitense.

[3] Per ulteriormente riferimenti si veda il sito della Commissione Europea cliccando qui.