Se fino a qualche anno fa l’uso dei droni era appannaggio dei video editor e del settore militare, oggigiorno, complice l’evoluzione tecnologica e l’abbassamento dei costi, questi piccoli aeromobili dalle dimensioni compatte rappresentano sempre più spesso dispositivi ludici grazie ai quali effettuare suggestive riprese di paesaggi.

Proprio grazie alla loro capacità di mostrare il mondo come non si era mai visto, da una prospettiva originale ed insolita, l’inconfondibile ronzio percepibile a decine di metri di distanza inizia a sentirsi anche nelle città, sulle spiagge o semplicemente in occasione di eventi organizzati.

La dotazione presente in qualsiasi drone include almeno un GPS ed una videocamera anche se la configurazione può diventare più ricca ove richiesto; difatti, nei droni più evoluti figurano anche telecamere con visori notturni, scanner 3D, termocamere, dispositivi WiFi e Bluetooth e così via.

Dunque, la domanda che tutti si pongono è fino a che punto l’uso di tali strumenti è lecito? La risposta non è scontata soprattutto se si considera che un drone è dotato non solo di videocamera, ma anche di memoria interna capace di raccogliere e conservare i dati e le informazioni relativi a persone fisiche che si trovano nell’area sorvolata.

La natura di tali mezzi e le avanzate tecnologie di cui sono dotati, li rende strumenti intrinsecamente idonei ad acquisire dati anche particolarmente “sensibili”. È chiaro che un uso poco accorto del drone, anche se solo per finalità ludiche, potrebbe entrare in contrasto con il diritto alla riservatezza delle persone riprese e della privacy.

Per rispondere a tale quesito bisogna innanzitutto esaminare il Regolamento Europeo 2016/679, conosciuto anche con l’acronimo GDPR.

Non tutti i droners sono esperti di privacy per cui potrebbe accadere che chi decida di utilizzarne uno, anche in un momento di libero svago e divertimento tra amici, ignori di dover applicare determinate norme e buone pratiche per evitare una violazione della normativa sulla privacy, ma non solo. Infatti, è bene tenere a mente che un uso incauto dello stesso potrebbe avere dei risvolti anche in ambito civile, oltre che penale.

Al riguardo, quindi, entrano in gioco due differenti questioni: quella della riservatezza delle persone riprese (sotto il profilo dell’acquisizione dei dati) e quella della protezione dei dati personali (sotto il profilo del successivo utilizzo).

Come noto, è, in primo luogo, necessario sapere che non può essere violato il diritto alla riservatezza di terze persone effettuando dall’alto riprese di private dimore o di luoghi chiusi al pubblico. Tale infrazione, infatti, legittima il soggetto leso ad obbligare il videomaker a distruggere le immagini raccolte impedendogli di effettuare ulteriori video, fermo restando la facoltà di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno eventualmente sofferto (Art. 10 del Codice civile).

Il tema diventa maggiormente delicato quando non ci limitiamo ad effettuare filmati, ma decidiamo anche di diffondere le riprese e immagini ormai in nostro possesso postandole, ad esempio, sui nostri social network o in Internet. In tali ipotesi è indispensabile adottare tutte le misure imposte dal GDPR al fine di ridurre al minimo il rischio di incorrere nelle sanzioni, talvolta anche pesanti, che il Garante della Privacy potrebbe infliggere.

Innanzitutto, il Garante della privacy sottolinea che quando si fa volare un drone munito di fotocamera in un luogo pubblico come parchi, strade o spiagge, bisogna evitare di invadere gli spazi personali e l’intimità delle persone o, comunque, evitare di captare immagini contenenti dati personali come targhe di automobili o indirizzi di residenza.

Non solo. Qualora, infatti, si decidesse di divulgare le riprese, come prima cosa, è indispensabile raccogliere il consenso alla pubblicazione delle immagini da parte dei soggetti coinvolti che costituisce la base legale per renderne lecita la propagazione (Art. 6 GDPR). Tale consenso non è richiesto solo se, per la distanza delle riprese, i volti dei soggetti non sono riconoscibili o, comunque, gli stessi vengano oscurati.

Sempre il GDPR considera lecite anche le riprese necessarie all’esecuzione del contratto concluso con la persona che acquisti un prodotto consegnato a domicilio dal venditore per mezzo di un drone.

I piloti, inoltre, dovranno sempre osservare i principi sul trattamento dei dati enunciati dall’art. 5 del GDPR che esige il rispetto della adeguatezza, pertinenza e non eccedenza dei dati con riguardo alle finalità per cui sono stati catturati. Il Droner, pertanto, nel rispetto dei suddetti principi dovrebbe favorire una tecnologia proporzionata e prediligere tecniche di anonimizzazione che, attraverso sfocature o altri effetti grafici, consentano di oscurare automaticamente le immagini al fine di evitare l’identificazione delle persone laddove non sia necessario.

Per i piloti più scaltri si sottolinea che è estremamente rischioso giustificare la raccolta di dati sensibili invocando la non applicabilità del GDPR al trattamento dei dati personali “effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività̀ a carattere esclusivamente personale o domestico” (Art. 3 GDPR). I giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, interpretano tale norma restrittivamente e, pertanto, in via generale tale articolo non costituisce una esenzione dal GDPR (Sentenza della Quarta Sezione dell’11 dicembre 2014, František Ryneš contro Úřad pro ochranu osobních údajů).

Non va tralasciato, infine, l’aspetto penale nel quale può ricadere il pilota che decida di effettuare un uso più sfrontato del drone procurandosi riprese, visive o sonore, contenenti dati attinenti alla quotidianità delle persone che si svolgono nelle dimore private. Il rischio è quello di essere punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni (Artt. 614 e 615 bis del Codice penale).

Anche in tale ipotesi la legge è più severa quando le riprese sono indebite intendendo come tali tutte quelle effettuate senza il consenso della persona ripresa. Emerge ancora una volta, dunque, l’importanza dell’acquisizione del consenso che potrebbe essere per il Droner l’unico esimente per scongiurare una condanna certa, unitamente a ragioni oggettive di ordine superiore che giustifichino tali riprese (per esempio, esigenze di ordine pubblico).  

In conclusione, dunque, si può evidenziare come la tutela della privacy va attentamente valutata in ragione delle enormi potenzialità tecnologiche dei droni e degli interessi economici sottostanti. È facile ipotizzare che il crescente impiego dei droni in attività a forte impatto sociale renderanno sempre più vivace e centrale il tema della tutela della privacy delle persone. Buon senso e prudenza, in fondo, rimangono i migliori principi nell’impiego responsabile delle nuove tecnologie. Sarebbe sufficiente richiamarsi ad essi per risolvere molti dubbi e controversie.